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GENTLEMEN’S AGREEMENTS

L’onore non si può togliere.
Si può solo perdere.

A. CECHOV

 

CAPITOLO PRIMO
IL GENTLEMEN’S AGREEMENT:
UNA FORMULA AMBIGUA DA DECODIFICARE

 

1. Terminologia, nozioni, classificazioni

Uno dei saggi più citati – e più travisati – del diritto contrattuale, nella letteratura basilare dell’analisi economica del diritto, è comparso sull’American Sociological Review esattamente mezzo secolo fa.
L’Autore, un giurista di grande sensibilità economica e sociale, muoveva da alcuni interrogativi inquietanti: quanto “serve” il diritto contrattuale? chi lo usa? quando e come?

Per consumare il tentativo di sciogliere queste complesse questioni e limitando la sua ricerca ai contratti conclusi tra operatori economici e, in particolare, tra produttori di beni, l’Autore prendeva in esame i comportamenti degli operatori economici, i quali normalmente non si preoccupano degli effetti giuridici dei loro atti, non si preoccupano di redigere contratti “completi” e, raramente, includono sanzioni di carattere giuridico per l’inadempimento degli impegni assunti, o includono nei contratti clausole di risoluzione delle controversie.
Questa constatazione era giustificata dal fatto che la programmazione di un’operazione economica e la prospettazione di sanzioni giuridiche non solo erano ritenute poco utili, ma addirittura potevano sortire effetti non desiderabili.
In questa analisi, la tesi di fondo era che quando le operazioni economiche sono programmate in modo compiuto e prevedono rimedi per l’inadempimento, i costi tendono a superare i profitti e solo chi svolge un ruolo decisionale nel rapporto contrattuale è in grado di capire se sia opportuno procedere secondo le tecniche consegnate dalla tradizione e rivestite di forme giuridiche codificate, oppure rinunciare all’impiego di strumenti formalmente rigidi e paludati, e adottare tecniche di contatto e di negoziazione più semplici, più rapide e non considerate elemento indefettibile della strategia degli affari.
Il contratto può essere dunque considerato come un mezzo di realizzazione – ma anche di controllo – delle operazioni economiche nelle organizzazioni di ampie dimensioni, oppure come un elemento di relazione con altri operatori economici o con il pubblico dei consumatori, in cui le forme giuridiche vengono in considerazione soltanto quando i rapporti si sono incrinati.
na tesi così suggestiva ha suscitato una sconfinata discussione. E si capisce.
L’approccio dell’analisi economica del diritto e dell’analisi sociologica dei rapporti veniva a dissacrare fondamento e ruolo dello strumento equiparabile ad un organo vitale in un sistema giuridico e in un’economia di mercato, al quale tradizioni mille narie in diversi contesti culturali, politici e sociali, hanno riservato una posizione dominante.
Questa ricerca tendeva anche a dimostrare che, nella prassi, gli operatori tendono a concludere l’affare piuttosto che non a costruirlo giuridicamente, che la maggior parte degli affari non presenta aspetti patologici e che, quindi, ciò che è importante è concludere l’affare, lasciando poi agli ordinamenti giuridici e ai loro interpreti il compito di risolvere le questioni che dovessero insorgere.
Per la verità, il bilanciamento tra i due estremi, da un lato l’indifferenza assoluta verso le forme giuridiche che certamente semplifica i rapporti ma non elimina i rischi e, dall’altro lato, la preoccupazione ossessiva di “giuridificare” ogni rapporto per poter prefigurare tutte le situazioni in cui le parti potrebbero trovarsi dall’atto della conclusione al termine della sua esecuzione, è molto difficile.
E, in ogni caso, non si può prescindere dalla distinzione dei diversi contesti in cui il problema deve essere esaminato e risolto, tenendo conto dello status degli operatori, dei mercati in cui essi svolgono la loro attività e del grado di flessibilità presentato dai diversi ordinamenti, in cui gli atti compiuti dagli operatori, e i loro comportamenti, sono qualificati secondo i criteri della “rilevanza giuridica”.
Ed occorre tener conto anche della scansione temporale in cui si svolgono i rapporti negoziali.
Vi sono ipotesi nelle quali gli operatori non intendono ancora vincolarsi, ma nello stesso tempo vogliono esplorare l’opportunità e la possibilità di addivenire ad un accordo vincolante.
Ecco perché agli interrogativi di Stewart Macauley si può rispondere in diverso modo. E per il caso che qui ci occupa, una risposta potrebbe essere questa: non sempre gli operatori intendono vincolarsi, ma preferiscono che la loro relazione rimanga ai limiti dell’ordinamento, non passi il confine dello spazio metagiuridico, potendo poi, sciolti i dubbi ancora insoluti dell’affare, tagliare il nodo gordiano e assumere un impegno definitivo e giuridicamente vincolante.

Le operazioni economiche effettuate nel mercato interno e, in particolare, quelle impiegate nei mercati internazionali, richiedono forme giuridiche flessibili e adattabili alle diverse esigenze; se si tratta poi di operazioni destinate a durare nel tempo, esse debbono piegarsi alle mutevoli circostanze che si possono verificare durante il percorso necessario alla realizzazione degli obiettivi stabiliti.
Il volume degli affari, la loro vincolatività nel sistema globale, la rapidità impressa agli scambi sono ormai caratteri tipici nel commercio.
La flessibilità e la malleabilità sono requisiti necessari e imprescindibili per avviare e sviluppare, in modo proficuo, accordi tra le parti e per definire i termini e le condizioni che esprimono i reciproci interessi.
E ciò, inevitabilmente, assume un rilievo maggiore e determinante laddove si tratti di smussare, comporre o conciliare tra loro interessi confliggenti, che necessitano di uno spazio temporale più ampio, per essere progettati e definiti, e di strutture scevre da rigidi formalismi, per essere gestiti nel modo più funzionale alla loro natura e alle loro finalità.
In questo senso, gli strumenti che gli operatori ricevono dalla tradizione del diritto contrattuale non sempre rispondono a queste esigenze, proprio perché costringono le parti a seguire regole stringenti la cui applicazione impedisce quella celerità e quella libertà che appartengono al commercio e, più in generale, al mercato.
Se si eccettuano i contratti istantanei e i cc.dd. scambi senza accordo, e si considerano piuttosto i rapporti fra imprenditori a cui si attaglia per così dire naturalmente la prassi dei gentlemen’s agreements, la disciplina del contratto, così come organizzata nel nostro codice civile, può essere utilizzata in uno stadio avanzato dei rapporti tra le parti, quando ormai sono stati individuati tutte le condizioni e tutti gli elementi del rapporto, sia quelli principali sia eventualmente quelli accessori, e quando le parti sono certe di volersi reciprocamente vincolare e di voler attribuire al loro rapporto gli effetti giuridici previsti dall’ordinamento.

Ma prima della conclusione del contratto vero e proprio c’è tutta una fase, che può avere una durata indefinita, in cui le parti debbono potersi muovere ed agire con margini più elastici e in cui sono necessari il confronto e lo scambio di opinioni e di idee e, soprattutto nelle operazioni economiche più sofisticate, la fissazione dei punti e delle intese che, via via, vengono raggiunte e che costituiscono il presupposto per la prosecuzione delle negoziazioni e per la definizione degli assetti di interessi coinvolti.
In questo gioco delle trattative, in cui è fondamentale poter contare sulla possibilità di fare e disfare condizioni già concordate e di rivedere e, magari, modificare punti e risultati già raggiunti, le parti hanno bisogno di fare affidamento su modelli di accordo dinamici e non impegnativi, che sono gli unici in grado di soddisfare le loro aspettative.
Gli operatori, dopo aver manifestato l’interesse a porre in essere una determinata relazione economica, devono sentirsi ed essere lasciati liberi di svolgere tutte le attività che sono propedeutiche al perseguimento dell’obiettivo finale, senza troppi vincoli giuridici che spesso soffocano lo slancio emotivo verso la promozione e la realizzazione di nuove opportunità economiche.
L’approccio delle parti, in questa fase, è più cauto, meno sicuro e più circospetto; il loro procedere è lento e dubbioso e in cerca di conferme e di riscontri, e l’ordinamento deve rispettare il loro riserbo, mettendo a disposizione delle parti i suoi strumenti, la “scatola degli attrezzi” che le parti, di volta in volta, scelgono di utilizzare.
In caso contrario, è il mercato che, prima ancora degli operatori, ne risentirebbe, poiché vedrebbe frustrate le possibilità di sviluppo dovute agli scambi commerciali e alle operazioni finanziarie che favoriscono la circolazione della ricchezza e il benessere della collettività e che, invece, verrebbero abortiti, o comunque diminuiti, per il timore degli operatori economici e finanziari di incorrere in forme di negoziazioni controllate e limitate dalle imposizioni disposte dal sistema giuridico.
In più, potendo o sapendo scegliere la legge più favorevole – in questo caso le regole meno invasive – le parti sono portate a rivolgersi all’ordinamento che meglio di altri possa soddisfare le loro aspettative. Qui la concorrenza fra ordinamenti è per così dire al ribasso, in quanto le parti, per ottenere il risultato desiderato, sono portate ad orientare le loro scelte sull’ordinamento che meglio di altri garantisca loro, se non una totale astensione da ogni interferenza, quanto meno rischi più ridotti in ordine alla configurazione giuridica dei loro comportamenti.
L’ansia di regolamentazione e la vigilanza intrusiva producono un effetto negativo sulla propensione delle parti a trattare e a discutere i termini del loro accordo e, alle volte, le spingono a rinunciare all’intento di regolamentare i reciproci assetti di interessi, per evitare di incorrere in obbligazioni che non hanno mai voluto assumere, a meno che non siano già convinte e determinate a sottoporsi al vincolo contrattuale e ad affidare al veicolo del contratto la soddisfazione delle proprie aspettative.
Ma come la prassi insegna, nella generalità dei casi le parti maturano le proprie convinzioni durante il processo delle trattative e solo dopo aver ampiamente discusso, nei dettagli, le modalità di realizzazione dei propri interessi, spesso con meticolosità e accuratezza e con l’attenzione richiesta dalla difficoltà o dal valore dell’operazione congiuntamente programmata.
Per tali ragioni, i comportamenti che le parti tengono per promuovere una determinata operazione economica devono essere assistiti da strumenti di lavoro flessibili e, in particolare, dalla possibilità di ricorrere ad accordi non solo non classificabili come contrattuali, ma addirittura privi del carattere della vincolatività sul piano giuridico, avulsi dal contesto giuridico e rilevanti esclusivamente su un piano morale e sociale, insomma meta-giuridico.

Il mercato registra l’uso frequente di tipi di accordi come i gentlemen’s agreements, che sono congegnati in modo tale da raccogliere le clausole che le parti concordano per regolamentare la loro negoziazione e che, semmai, sono destinate a confluire nel contenuto del futuro contratto, ma che, essendo predisposte e formulate in un contesto che non è ancora giuridicamente vincolante, non sono portatrici di obblighi il cui inadempimento può essere sanzionato attraverso il ricorso all’intervento giudiziale e, così, attraverso l’impiego dei rimedi risolutori e risarcitori.

[...]

LUCA DI DONNA, Gentlemen’s agreements. Notazioni sulla fenomenologia degli accordi, 2013. 

PUBBLICAZIONE DEL DIPARTIMENTO DI SCIENZE GIURIDICHE UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA «LA SAPIENZA» 

 

 

 

Prof. Avv. Luca Di Donna - GENTLEMEN���S AGREEMENTS